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Auto elettrica, com'è la situazione delle colonnine di ricarica in Italia?

Da ultimo paese europeo stiamo passando ad avere una rete di colonnine di buon livello. Basterà a far aumentare le vendite?

Auto elettrica, com'è la situazione delle colonnine di ricarica in Italia?

Cosa trattiene l’automobilista italiano dal passare con decisione alla mobilità elettrica? Un sondaggio di Nuova Energia presentato il mese scorso al That’s Mobility non lascia dubbi: è la ricarica. Elencando infatti i punti deboli dei veicoli elettrici, i 1022 interpellati hanno citato le difficoltà a fare rifornimento (60,5%), il timore di non trovare una colonnina per ricaricare (57,7%,) la mancanza di un servizio garantito 24 ore su 24 come quello delle pompe di benzina (26%) e perfino, nel 4,7% dei casi, le difficoltà a districarsi tra le app per la localizzazione dei siti di ricarica e per il pagamento del “pieno”. Nell’immaginario collettivo è quindi la ricarica il male oscuro dell’auto elettrica.

Ma è davvero così? L’Italia è davvero tanto indietro nella dotazione infrastrutturale rispetto ad altri paesi europei nei quali i veicoli “alla spina” circolano e vengono acquistati a decine di migliaia, rappresentando ormai quote di mercato a due cifre contro lo zero virgola italiano? La risposta è “nì”. O meglio, era “sì” fino a un anno fa, decisamente “no” oggi. Vediamo perché.

Qualche giorno fa l’amministratore delegato di Enel X Francesco Venturini ha dichiarato che l’Italia è il paese europeo con il più elevato rapporto fra impianti di ricarica ed EV circolanti. In effetti ne esiste uno per ogni auto elettrica immatricolata: circa 10 mila auto elettriche e circa 10 mila colonnine. Oltre la metà installate dalla stessa Enel X. In Europa la media è invece una colonnina ogni 5-6 EV. Dunque onore ai coraggiosi gestori di rete che hanno investito fior di milioni per installare costosi impianti anche se gli utenti, al momento, non fanno certo la fila davanti ai loro caricatori.

La rete paneuropea Ionity, per esempio, ha confrontato le ricariche effettuate nella stazione di Oslo, in Norvegia e in quella di Carpi: negli ultimi 10 giorni 151 clienti per la prima, 11 appena per la seconda. Ciononostante la stessa Enel X continua a piazzare colonnine, installandone decine ogni settimana: sono già circa ottomila i punti di ricarica, arriveranno a circa 10 mila entro fine anno. Gli altri operatori, pur molto più piccoli, non perdono occasione per piazzarne qualcuna quando trovano l’area giusta e il comune pronto a concedergliela. Il secondo per dimensioni, Be Charge, ne annovera già circa duemila; molti altri alcune decine ciascuno. Ionity, con le sue stazioni ultra potenti (170 piazzate dall’anno scorso in Europa), conta di arrivare a 20 in Italia entro giugno e a 50-60 entro il 2022. Per quella data saranno 400 in tutto il continente, coprendo i principali corridoi d’attraversamento Nord–Sud ed Est-Ovest con una stazione ogni 120 km. Anche Enel X guarda oltre i confini nazionali con il progetto Eva+ cofinanziato dall’Unione Europea. È appena stato completato con l’installazione di 180 stazioni ad alta potenza sulle vie di collegamento extra urbane italiane, più altre 20 in Austria in collaborazione con la utility austriaca Verbund.

Enel X installerà 250 colonnine elettriche a Torino
La situazione, insomma, è in piena evoluzione e la consistenza reale della rete di ricariche pubbliche può essere solo stimata. Ma basta scaricare una delle app proposte dai principali operatori per constatare quanto sia cresciuta la rete. Le app sono ormai lo strumento più utilizzato per localizzare i punti di ricarica, prenotarli, attivare il rifornimento, effettuare il pagamento. Grazie ad accordi fra gli operatori internazionali le diverse reti sono interoperabili e le rispettive app le aggregano tutte, in tutta Europa. Enel X JuicePass, per esempio, consente di localizzare e utilizzare circa l’80% delle stazioni europee.

Gli unici dati certificati sulla consistenza delle reti di ricarica in Europa, però, risalgono a fine 2018. Sono stati diffusi dall’Eafo, l’Osservatorio sulla mobilità elettrica della Commissione europea. Come si può vedere dalla tabella qui sotto elaborata sui dati Eafo dalla newsletter OneWedge Sparklers in termini assoluti l’Italia si piazzava all’ultimo posto fra i nove principali Paesi con 4.295 stazioni. In Spagna erano oltre 7 mila, in Francia 29 mila, in Germania 32 mila, nel Regno Unito 24 mila. E in Norvegia, dove le auto elettriche circolanti sono già una ogni tre, più di 12 mila. L’Italia è, o almeno era a fine 2018, all’ultimo posto in rapporto alla popolazione servita e al quart’ultimo posto in rapporto alla superficie, seguita solo da paesi molto meno densamente abitati come Svezia, Norvegia e Spagna.


Disaggregando poi i dati assoluti per tipologia di stazioni, risultava evidente il ritardo italiano nella dotazione di impianti “fast” ad alta potenza,in grado di ricaricare un’auto media in meno di un’ora. Sono gli impianti che consentono lunghe percorrenze in elettrico, con soste brevi ogni 200-250 chilometri. Quelli, insomma, che permettono all’automobilista di utilizzare un Ev come una qualsiasi vettura termica.

Nella media europea trovavamo un caricatore “fast”ogni 18.487 abitanti, in Italia ogni 80mila. Come risulta dalla tabella, poi, l’area servita da ogni impianto “fast” era mediamente il triplo di quella servita nell’insieme degli altri paesi (ma si arriva anche a un multiplo 9 con l’Olanda) e il numero di persone servite era in Italia più del quadruplo della media, con punte di 30 volte nei confronti dei paesi nordici. In Svezia e in Norvegia c’è un caricatore “fast” ogni 2500 abitanti.

Non andava molto meglio prendendo in esame i caricatori “normali”, quelli per intenderci che ricaricano un Ev medio in 2-3 ore, servendo principalmente il traffico urbano, i pendolari e i viaggiatori in sosta presso punti di interesse turistico. In Italia ne contavamo uno ogni 85 kmq e uno ogni 17mila abitanti (la media europea era uno ogni 2500). L’ultimo Smart Mobility Report del Politecnico di Milano analizza anche i dati 2018 regione per regione, mettendo in luce la forte disomogeneità territoriale. Più del 50% dei punti di ricarica era concentrato al Nord e quasi tutto il resto fra Toscana e Lazio in Centro e in Sicilia al Sud. Intere regioni erano praticamente sprovviste di ricariche “fast” anche sugli assi di attraversamento a lungo raggio. Tutto questo spiega perché l’automobilista italiano, associando l’auto elettrica ai patemi d’animo della ricarica, fosse ancora titubante ad abbandonate l’auto termica.

Ma la decisa accelerazione impressa soprattutto da Enel X con il suo piano di investimenti da 300 milioni per arrivare a 28 mila punti di ricarica entro il 2022, sta rapidamente modificando lo scenario. Già nel 2018 le installazioni “fast” erano aumentate del 52% e quelle “normali” del 18%: molto meglio del resto d’Europa che si è fermata rispettivamente al +30 e +12%. Nei primi 8 mesi di quest’anno, come abbiamo visto, i punti di ricarica in Italia sono più che raddoppiati e a fine 2019 saranno quasi certamente triplicati. Ci avvicineremo così alle medie europee sia in rapporto alla superficie, sia in rapporto alla popolazione. E aumenterà il peso specifico dei caricatori ad alta e altissima potenza. Dal 2020, insomma, potremo cominciare a dimenticarci l’ansia da ricarica.
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Fonte: WIRED

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